Dall’inzio del lockdown sono stata coinvolta in discorsi relativi all’uso dei miei tessutini stampati a mano, o pattern spreaddati digitalmente, per la realizzazione di mascherine fashioniste. Ho ascoltato molto. Con la pressione benevola di alcuni amici e sostenitori ho pure fatto due conti, e ho detto no, il mio contributo non è necessario.
Prendendo spunto dal tema, qui propongo altre mascherine, molti di voi le conoscono già, che su di me hanno suscitato il risultato di farmi riflettere sulle cose, sulle immagini dell’abitudine, e la nostra relazione con essa e i suoi valori, che probabile non saranno mai più gli stessi (potrebbe essere anche questo un valore).
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Attenzione queste sono mascherine da guardare e non indossare, purtroppo.
Opere di Markus Schinwald
In italiano, da leggere un bell’articolo di Laura Lombardi su Antinomie che ha stoffa per scrivere.
Queste sono le mascherINE di DAMSELFRAU che parlano con fili e tessuti di un affascinante nuovo folklore.
E poi c’è questo progetto che si chiama Xylinym Mask, ai miei occhi strepitoso, è realizzato da Elizabeth Bridges and Garrett Benisch (Sum Studio | Brooklyn), bio-designers che riflettono sulla ricerca di materiali per una mascherina sostenibile creata in cellulosa batterica. Dimostrando quanto siano accessibili questi materiali, hanno deciso di coltivare la loro maschera in cellulosa batterica nella loro cucina, in quarantena, ipotizzando questo come modello sostitutivo ai materiali tecnici per filtrare le particelle patogene del virus(e poco ecologici), come il TNT e simili tecnologici, che hanno bisogno di tempo per essere prodotti e con strutture produttive costose e complesse.
Infatti la cellulosa batterica è creata da un batterio comune, chiamato xilinum acetobacter, sulla superficie di un liquido in cui abitano. Il batterio e il suo prodotto in cellulosa possono essere coltivati con poca acqua, tè, zucchero ed è sufficiente un piccolo campione per nutrire e far fiorire la sostanza. Man mano che i batteri si moltiplicano, formano le fibre di cellulosa in un’unica membrana che può essere raccolta ed essiccata come materiale lavorabile. Sebbene traslucide e lisce per l’occhio umano, le immagini microscopiche mostrano la fitta trama di fibre di cellulosa che compongono questa incredibile maglia.